STAZIONE PIRANDELLO
Stazione Pirandello è un attraversamento nell’immaginario folle del drammaturgo siciliano. Un non-luogo marmoreo fa da sfondo a quattro Ombre che hanno perduto l’uomo e la follia è l’unico modo per ricongiungersi al proprio corpo/uomo; la follia come strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale, l'arma che fa esplodere convenzioni e rituali, riducendoli all'assurdo e rivelandone l'incoscienza; la follia che permette all’uomo/personaggio di ricongiungersi con la natura e la possibilità di scoprire che rifiutando il mondo si può scoprire se stessi.
Ma questi contatti tra l’Ombra e l’uomo sono solo momenti passeggeri, spesso irripetibili perché troppo forte il legame con le norme della società.
Ed allora si scopre il fallimento del tentativo di Vitangelo Moscarda che cerca l'evasione attraverso la follia e nel tentativo di sfuggire alle tante forme impostegli dalla società finisce per dover accettare una nuova, ennesima, maschera.
Il fingersi ancora pazzo dell’ Enrico IV dopo aver constatato che nulla è rimasto della sua
gioventù, del suo amore.
Il fischio del treno che dà a Belluca la consapevolezza della sua condizione.
La soluzione estrema della pazzia come unico mezzo di verità da parte di Ciampa.
La follia quindi non come elemento negativo, quanto come principio fondamentale della condizione umana con la quale fuggire la propria angoscia e il proprio dramma, come estremo rifugio, per potersi salvare dal dramma dell'esistenza.
La società c'è ma è in secondo piano, prima viene l'uomo con la sua tragedia, ponendo di fronte allo spettatore un teatro in cui la vita è spoglia, le maschere sono nude.
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