ALTRO AMLETO
Parafrasando Valery – nella sua nota definizione di Amleto come "paradigma dell’uomo moderno" – giungiamo presto alla dimensione inafferrabile del personaggio del Principe di Danimarca. Scheggia impazzita nel panorama drammaturgico, sfuggito probabilmente al suo stesso creatore, Amleto racchiude in sé i rivolgimenti interiori, le indecisioni fatali, l’egoismo innato, il fascino nero dell’uomo "tutto", delle sue caratteristiche più profonde. Amleto è un luogo, è la terra di tutti, è fuori dalla scena e sopra di essa. Per questo è inutile e impossibile trovare un motivo per rappresentarlo ancora, quattrocento anni dopo il suo debutto: Amleto è il motivo.
Profeta del silenzio ed eroe del pensiero corrosivo, il "nero prince" oggi più che mai può parlarci dell’incolmabile vuoto che grava sulle nostre esistenze, scisse tra il peso di una carne in progressivo decadimento e l’inconsistenza dei pur dolorosi pensieri. Tra queste contraddizioni, il giovane Amleto fa tutt’altro che trascinare la sua esistenza: la fa rimbalzare da un nome all’altro, tra le decine di volti che popolano la sua storia. Ma per lui, per l’uomo che ha sentito la materialità del proprio essere, non esistono più né madre, né padre, né amore, né patria, né vendetta. Amleto, in azione, è un uomo senza tempo, voce che grida in un deserto, inascoltato e inascoltabile. Lo seguono i personaggi, colorati spettatori di un evento impenetrabile, il cui linguaggio si fonda su e trascende la parola.
FOTO DI SCENA
NOTE DI REGIA
Il nostro Amleto vuole indagare il groviglio delle riflessioni su un tempo che è sempre nostro, per seminare nuovi dubbi in un mondo che sta perdendo il gusto – e il dolore – della domanda. Sciogliendo i legami dei personaggi, cercheremo di ritrovare il filo di un pensiero…" giacché le cose non sono buone o cattive, è il pensiero che le rende tali".